Su questa meravigliosa e intensa foto di Filippo Serafini, che ringrazio per avermi dato la possibilità di utilizzarla ogni volta in cui parlo del mio, del nostro Territorio valbomidese, farò qualche considerazione alla fine di questo scritto… promesso
Ti racconto perché sono stata in silenzio per qualche settimana, senza condividere con te le novità che stavo ideando.
Cosa mi frulla per la testa in questi giorni?
Una frase che ho letto: “Finisce sempre anche la notte più buia”. L’ho sempre pensato, ogni volta che dovevo dare un esame all’Università e provavo quella spessa disperazione di chi vorrebbe fare tutt’altro e invece non può… e solo la mia cocciuta testardaggine mi permise di arrivare alla fine, laurearmi e poter finalmente iniziare la vita che amo e non quella che mi era stata imposta da altri.
“Finisce sempre anche la notte più buia”, lo pensavo, nonostante tutto, quando ho dovuto affrontare la paura dell’incerto, quella fredda sensazione che la testa racconta con quella vocina insistente: “Non ce la fai, non ne sei all’altezza, è più facile fallire che provarci…”

Fiori di Pisum Arvense, molto comune nei nostri boschi e nei nostri prati.
“Finisce sempre anche la notte più buia”: conviene pensarlo, soprattutto quando senti le forze scemare, il sonno della stanchezza catturarti, il cervello che non ti suggerisce vie d’uscita e tu sei lì, in compagnia solo delle tue convinzioni più radicate, quelle che ti tengono su, che ti fanno combattere a dispetto di tutto.

Sentiero che conduce, attraverso i boschi, al Castello di Rocchetta Cairo
Ecco, finisce sempre anche la notte più buia, lo so per certo, è una verifica che ho fatto sulla mia pelle una infinita serie di volte nella vita ed è quello che mi permette, costantemente, di guardare avanti con fiducia, ma anche con concretezza.
In genere, finisce sempre anche la notte più buia e mi capita di trovarmi a un bivio e devo scegliere verso quale strada dirigermi, quale percorso scegliere, da chi allontanarmi e verso chi andare…

Bosco di castagni a Rocchetta Cairo in un giorno d’estate
Finisce la notte se facciamo le scelte giuste; finisce quando non molliamo un attimo dagli obiettivi: concreti, tangibili, calcolabili, razionali, ipoteticamente possibili, che ci possiamo dare senza usare il panico, ma la consapevolezza.
A fine febbraio 2020 sapevo che il mio lavoro non sarebbe stato considerato “necessario” e che avrei dovuto scegliere. Ho calcolato tutte le variabili e poi ho messo un cartello in vetrina: CHIUSO fino a quando… sarà possibile riaprire. Ho chiuso prima di quando ci è stato ordinato di chiudere, ma per me valeva molto di più il difendere la salute di tutti piuttosto che difendere il mio tornaconto personale. Lo penso anche ora, alla luce di tutto ciò che è successo dopo.

Campi lavorati tra Millesimo e Roccavignale
Avrei potuto contattare il Corriere che mi aiuta da sempre, ma l’idea che, con il mio operato, lo avrei messo in pericolo mi ha fatto desistere subito.
La sensazione, mentre giravo la chiave nella serratura, era un misto di paura e di “salto nel vuoto”, come a camminare sospesa a mezza altezza su una lastra trasparente che mostra la voragine sotto, senza far identificare la fine del baratro. Mi spiego, vero?
E ora… cosa faccio??? Di botto, era necessario programmare una vita nuova, nuove modalità di interazione, nuove abitudini… Affrontare la tecnologia, per me che mi sento spesso impedita e inopportuna, per me che sono una persona estremamente riservata, era un trauma da risolvere in fretta. Video conferenze, nuove modalità di interazione, nuove app da capire, un sito vecchio da aggiornare, … panico.

Tramonto valbormidese: le fitte trame di rami, sono disegnate da grandi e maestosi castagni.
Volevo davvero CONTINUARE il mio progetto? Volevo continuare a INCIDERE per donare un piccolo sorriso alle persone? Volevo continuare a creare OGGETTI UTILI che fossero parte della casa e della vita quotidiana delle persone? Credevo DAVVERO in tutto ciò che avevo detto e scritto nei miei 10 anni precedenti il febbraio 2020??
Mi sono presa del tempo. Mi sono guardata attorno, in casa, ho fatto le “pulizie di primavera” fuori e dentro di me.

Arcobaleno sulle alture di Cairo Montenotte: sembra quasi di ammirare un quadro di Romanticismo Naturalista di Constable o Turner!
E poi via. Ho fatto spazio… e mi sono ricreata il mio mondo, in fondo al corridoio, in un angolo luminoso che, alzando gli occhi, mi mostra quanto è bella la mia città, la mia valle, sotto il sole dei primi di aprile. E’ bella per me. E’ da qui che voglio ripartire, è ciò che sento e che mi appartiene.
Posso donare molto se mantengo in me il giusto equilibrio, per capire gli entusiasmi e le paure di chi mi avvicina, per ascoltare – tanto – e trovare le giuste risposte. Per farlo, devo ripartire da qui.
La foto di Filippo, che ha introdotto questo articolo, mi riporta in quel mondo magico che abbiamo a disposizione in Valbormida, a distanza di un chilometro nemmeno, e che poi si estende fino al mare, il nostro bellissimo mare di Liguria e che è un ponte verso il Piemonte, il mio splendido Piemonte. La squadra di Imprenditori di cui faccio parte e che si chiama BNI, nello specifico il Capitolo Valbormida, si è posta un obiettivo: Facciamo rifiorire la nostra Valle.
Questo spiega un po’ perchè amo la foto di Filippo. Mille e uno sono i motivi…

La foto di Filippo Serafini, che mi è tanto cara, perchè mi lega a ricordi speciali
Quello scorcio di bosco, così fresco e invitante, mi dona forza e speranza, soprattutto in questi giorni, perchè mi fa ricordare che questi luoghi fantastici ci stanno aspettando e sono vicini, se fin da oggi reagiamo con maturità, stando in casa, aiutando i nostri vicini, tutelando la nostra e la loro salute.
Mi dona consapevolezza: la coscienza che non tutto è perduto, che ce la potremo fare, unendo le forze.
Questa pandemia non passerà in fretta, né di colpo come tanti di noi sperano: siamo in attesa di riprendere le nostre vite lì, dove le abbiamo lasciate. Ma non sarà così, non torneremo indietro.
Sarà naturale cambiare le abitudini di vita, che ci hanno accompagnato per anni, già lo stiamo facendo in questo momento.
Guardandomi indietro non potrò riprendere da dove ho messo in pausa, forse neppure lo desidero.

La “Piana di Rocchetta”, dove sorge il Ponte Romano. Anche se comunemente è chiamato così, tuttora vi sono dubbi se la struttura sia di origine romanica, allemanna o medievale.
Ripartirò dal mio sito, dalla mia disponibilità a disposizione di chi la cerca, dal sorriso che mi contraddistingue (che non è sintomo di superficialità, ma di consapevolezza), dalla cultura e dalle tradizioni del mio territorio, da quell’ ANIMA DEL BOSCO (cioé il VETRO, che si crea con polvere, colore, fuoco, legna, acqua) che è bio, pulito, sterilizzabile, parte costitutiva e integrante di ciò che sono, della mia storia e delle mie speranze.
Lavoreremo insieme, ancora una volta, appena potremo muoverci un poco di più… un poco di più.
Perché finisce sempre anche la notte più buia.
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